Intermedialab intervista Viola Formenti, artista il cui linguaggio si muove nell’ambito della fotografia, del cinema e della terapeutica artistica. La sua mostra dal titolo ”IMMAGINARI. Videoritratti a colori” sarà visitabile dal 10 al 24 Novembre al Museo MUST di Vimercate.
IML: Domenica 10 novembre si inaugurerà al MUST di Vimercate una mostra dedicata al tuo lavoro IMMAGINARI.Videoritratti a colori, puoi descrivere questo progetto?
VF: Il progetto è iniziato nell’ottobre 2012 e ha coinvolto alcuni ospiti di un centro diurno di riabilitazione psico-sociale. Due tirocinanti dell’Accademia di Brera, corso di diploma di secondo livello in Teoria e pratica della Terapeutica Artistica, hanno assistito ad ogni fase della realizzazione, supportando i partecipanti dal punto di vista tecnico, con grande sensibilità sul piano relazionale.
Ho lavorato con il concetto di “autoritratto” utilizzando il mezzo video. Ci si è raccontati attraverso i canali della poesia visiva, recuperando i modi della videoarte e della performance, aiutandoci con il collage surrealista nel disegno di uno storyboard.Facendo questo, abbiamo creato una sorta di puzzle visivo composto da 8 tableaux vivants.
IML:Come nasce l’idea di lavorare in un ambito psichiatrico con lo strumento del video e quello fotografico?
VF: L’idea nasce principalmente da alcune esperienze personali avute con il video. Queste, unite alla mia passione e ad alcune competenze tecniche acquisite negli anni, mi hanno portato a sperimentare il mezzo video all’interno di alcuni tirocini svolti durante il biennio di specialistica. Ottenendo buoni risultati, ho approfondito la mia ricerca in questa direzione, studiando le reazioni che i diversi utenti avevano nel rivedersi filmati. Il susseguirsi di verifiche positive mi ha convinto ad utilizzare l’immagine filmata, senza parlato, nell’ottica di una “descrizione di sé”. Ho deciso di lasciare parlare principalmente il gesto e la scenografia.
IML: La tua formazione si muove in maniera duplice, una laurea Storia e Conservazione dei Beni Cinematografici, Teatrali e Televisivi e una specializzazione in terapeutica artistica. Come descriveresti la zona ibrida in cui si muove la tua ricerca artistica?
VF: Nella mia ricerca artistica seguo una strada personale, che ha preso il via dalla passione per il teatro, passando per il cinema e approdando ad una formazione artistica che ha sempre mantenuto l’amore per il “visionario” come nucleo. La mia ricerca si muove essenzialmente sui canali dell’espressione non verbale e non scritta, ricercando la sua grammatica nel gesto e nella composizione, quindi anche nel montaggio video, nella regia, nella scenografia. Questo perché credo che i gesti possano parlare più delle parole e si mantengano su un livello universale di comprensione.
IML: Come è stato accolto un medium multimediale dal gruppo con cui hai avuto l’opportunità di lavorare? E come dalla struttura, quindi dal personale del centro diurno?
VF: Il medium multimediale è stato accolto con grande fascinazione da parte dei partecipanti al progetto. Anche la struttura ha accolto di buon grado il mezzo video, senza eccessivi timori e con una certa curiosità. Ovviamente l’approccio si è avuto con la dovuta cautela e tutto si è sempre svolto con un occhio particolarmente sensibile alle peculiarità del gruppo.
IML: Come è stato rapportarsi ad un ambito psichiatrico con un progetto che usciva dall’idea di utilizzare gli strumenti più tradizionali dell’arte?
VF: Io ho percepito (e mi è stato poi confermato) da subito un certo sollievo nell’ascoltare un’idea di progetto che fosse a carattere sperimentale e che uscisse dai soliti cliché. Il “nuovo” non ha spaventato, bensì generato una sana curiosità. L’impalcatura tecnica che il mezzo video richiede e il delicato sistema di privacy non sono stati ostacoli in questa esperienza.
IML: Se dovessi mettere a fuoco la materia con cui lavori come la definiresti?
VF: Anima.
IML: Quale, a tuo parere l’anello di congiunzione tra terapeutica dell’arte e arte multimediale?
VF: Su questo argomento si potrebbe, anzi, dovrebbe, scrivere almeno un libro! Io credo fondamentalmente nell’arte sociale, ovvero nelle forme d’arte che riescono (anche se non se lo pongono come obiettivo) a smuovere positivamente la società in un’ottica di progresso umano. Dal momento che la tecnologia, e quindi tutto il mondo multimediale, è parte integrante e in costante crescita della nostra vita, vedo un’ovvia necessità di coinvolgimento di tali linguaggi e mezzi nelle arti. Ancora di più nella Terapeutica Artistica, in quanto agisce sulla vita, sul quotidiano, sul vissuto delle persone. Se l’arte come Cura deve agire nel tessuto sociale, per forza di cosa deve saper comunicare e rendersi permeabile con tale tessuto. Inoltre l’arte è esplorazione, scoperta, indagine profonda, comunicazione. Fare arte significa superare i limiti con qualsiasi mezzo e linguaggio.